Tassa sul patrimonio

La crescente urgenza di affrontare i cambiamenti climatici ha spronato l’Europa a cercare nuove vie per finanziare la transizione verso un futuro più verde. Una delle proposte che sta rapidamente guadagnando terreno è quella di introdurre una tassa sul patrimonio per i più abbienti. Questa idea non è nuova, ma il contesto ecologico la rende ora più rilevante che mai.

A settembre, un rapporto parlamentare francese ha riportato le parole di Jean-Paul Mattei del gruppo MoDem, parte della maggioranza al governo di Emmanuel Macron, che si è espresso favorevolmente su una tassa di questo tipo per finanziare la transizione ecologica. La mossa è stata seguita da una richiesta alla Commissione Europea da parte degli europarlamentari socialdemocratici Aurore Lalucq e Paul Magnette per una “iniziativa dei cittadini europei” sul tema. Se questa iniziativa dovesse raccogliere un milione di firme in almeno sette paesi entro un anno, potrebbe condurre alla stesura di una direttiva europea per una “tassa ecologica e sociale sul patrimonio” mirata all’1% delle famiglie più ricche. Nel luglio scorso, la Commissione ha dato il via libera alla raccolta delle firme.

Le stime economiche di tale proposta sono notevoli. Un’analisi commissionata dal Gruppo Verde nel Parlamento Europeo e condotta dalla ONG Tax Justice Network ha scoperto che una tassa europea sullo 0,5% delle famiglie più ricche potrebbe portare nelle casse pubbliche 213 miliardi di euro all’anno. Un altro studio suggerisce che una tassa progressiva sul patrimonio a livello europeo potrebbe generare entrate annuali tra i 164 e i 357 miliardi di euro, alleviando le pressioni inflazionistiche e legate al Covid-19 sulle famiglie a basso e medio reddito.

Tuttavia, il cammino verso la reintroduzione di una tassa sul patrimonio a livello nazionale sembra essere in salita, soprattutto in Francia e in Germania, spesso descritti come i “motori dell’Europa”. Nel 2023, solo la Spagna mantiene una tassa sul patrimonio, con una soglia di 700.000 euro e aliquote che variano da una comunità autonoma all’altra. La Francia, sotto la presidenza di Macron, ha sostituito la sua “tassa di solidarietà sulla fortuna” con una tassa sul patrimonio immobiliare, riducendo notevolmente le entrate fiscali. Anche la Germania ha una tassa sul patrimonio incorporata nella sua Legge Fondamentale, ma non è stata applicata dal 1995 a causa di questioni costituzionali.

La difesa della tassa sul patrimonio, soprattutto in Germania, sembra essere più una mossa politica per galvanizzare il supporto elettorale piuttosto che un tentativo genuino di reintrodurla. Vari tentativi di reintroduzione in Francia sono stati respinti con fermezza da Macron, con il Ministro dell’Economia Bruno Le Maire che sostiene che una tale tassa “non è la soluzione”.

Colti in questa impasse, i sostenitori della tassa sul patrimonio hanno spostato la battaglia a livello dell’UE, legando la tassa a una nuova tematica: l’ambiente. Questo cambio di narrazione potrebbe eludere le critiche che tale tassazione indebolirebbe le aziende nazionali nella competizione economica europea. Se l’Iniziativa dei Cittadini Europei raggiungesse il numero richiesto di firme, potrebbe catalizzare l’opinione pubblica europea. Molti paesi, inclusa la Germania, sembrano favorevoli a tale misura, segnalando una crescente consapevolezza dell’interconnessione tra equità fiscale e sostenibilità ambientale.

Nonostante il lungo percorso che ancora attende una tassa sul patrimonio per fare un significativo ritorno in Europa, l’agitazione a Bruxelles è un chiaro segnale da non sottovalutare. 

Con la crescente urgenza di azioni ambientali e di copertura delle spese belliche la tassazione della ricchezza potrebbe emergere come l’unica via percorribile per evitare il collasso finanziario europeo. 

Di Andy

International Tax Planner and Offshore Services Provider.

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