Hong Kong grey list

Hong Kong è stata recentemente aggiunta alla grey list  dell’UE delle giurisdizioni fiscali non cooperative a causa della “doppia non imposizione” possibile per i redditi passivi. 

In risposta, il governo di Hong Kong ha ribadito il suo impegno ad inserire i necessari emendamenti alla sua legge fiscale per conformarsi agli standard dell’UE, una mossa che potrebbe avere un impatto limitato su alcune società straniere a Hong Kong.

Hong Kong è stata aggiunta alla cosiddetta “grey list” dell’UE delle giurisdizioni fiscali non cooperative il 5 ottobre 2021.

Il documento elenca Hong Kong nell’allegato II, che traccia “le giurisdizioni che non rispettano ancora tutti gli standard fiscali internazionali ma che si sono impegnate a riformare”.

Hong Kong è stata inclusa a causa del suo regime fiscale dannoso (per l’UE) . 

Il documento afferma anche che Hong Kong, insieme agli altri paesi e regioni inclusi nella grey list, si è “impegnata a modificare o abolire i suoi dannosi regimi di esenzione dei redditi da fonti estere”. Ai paesi e alle regioni inclusi nella grey list è stato dato tempo fino al 31 dicembre 2022 per aggiornare la loro legislazione.

Hong Kong è stata precedentemente inclusa nella watchlist nel 2017 e nel 2018, ma è stata successivamente rimossa nel 2019 dopo aver apportato le modifiche richieste alle sue leggi per migliorare il suo ambiente fiscale e aumentare la trasparenza finanziaria.

Hong Kong avrà l’opportunità di essere rimossa nei futuri emendamenti della lista aggiornando la sua legislazione per soddisfare gli standard dell’UE.

Se Hong Kong non aggiornerà la sua legislazione entro il termine stabilito del 31 dicembre 2022, sarà spostata nella black list, o allegato I.

I paesi e le regioni della black list sono soggetti a una serie di misure difensive da parte dell’UE.

Hong Kong attualmente non applica alcuna tassa sulle plusvalenze, gli interessi o i dividendi, che sono considerati “reddito passivo”. 

Questa regola è parte di ciò che rende la città una base attraente per le aziende straniere che vogliono espandersi nei mercati regionali, in quanto permette loro di ridurre le loro imposte, incanalando i profitti e le entrate generate da fonti come royalties o interessi in altri mercati attraverso Hong Kong.

Hong Kong inoltre non impone imposte sui profitti o le entrate di origine estera. 

Questo è noto come “principio di tassazione della fonte territoriale”. Anche se questa attività non è tecnicamente illegale, va contro gli sforzi internazionali per frenare la “corsa al ribasso” in cui diverse regioni e paesi del mondo competono per attrarre le imprese abbassando gli obblighi fiscali.

Tuttavia, l’inclusione di Hong Kong nella grey list questa volta non prende in considerazione l’esenzione delle entrate attive generate offshore. Invece, si concentra sulla questione della tassazione del reddito passivo.

Ancora una volta non possiamo non notare l’assurda pretesa di ingerenza dell’UE nelle politiche fiscali di altri stati, una sorta di neo-colonialismo, che porterà sicuramente ad una pesante destabilizzazione dei bilanciamenti internazionali. 

Si potrebbe ricordare ai legislatori del vecchio continente che l’Europa non è per nulla auto-sufficiente, basti pensare alla problematica del gas russo. 

Lasciate ogni speranza o voi che entrate (in Europa). 

La nostra offerta per Hong Kong.

Di Andy

International Tax Planner and Offshore Services Provider.